giovedì 30 ottobre 2014

Souvenirs

Ogni posto che visitiamo ci lascia qualcosa, un oggetto, un segno che racchiude un ricordo. Magari non rappresentano l'intera esperienza, o il momento più bello, ma sono come dei piccoli aneddoti.

Inizierò dai paesi toccati nel mio Viaggio, quello con la maiucola, perchè per la sua stessa natura è statomolto difficile portare dei souvenirs a casa. Questo forse è un altro elemento che distingue il viaggiare dal fare turismo, i souvenirs.
Viaggiare con lo spazio di uno zaino ed un limite di peso da potersi portare addosso è qualcosa di simile al vagabondare lontano dai comfort della civiltà occidentale moderna. Si fanno scelte, ed ogni piccolo pezzo che portiamo, ogni grammo, ogni centimetro cubo scegliamo consapevolmente di portarlo con noi, per questo diventa importante, diventa un compagno di ciaggio, come Wilson per Tom Hanks in Castaway.
Non sono solo oggetti oricordi, in parte sono abitudini che forse mi porterò dietro per tutta la vita.
Ed è porprio da un'abitudine che voglio cominciare


Argentina: Yerba mate
Yerba= erba in spagnolo
Mate= zucca in linguaggio nativo del sudamerica, manon chiedetemi quale, esiste wikipedia apposta.

La yerba mate è un arbusto con foglie lanceolate ogivali molto somiglianti a quelle della pianta di coca con cui non ha tuttavia alcun legame botanico. Le foglie ed i rami più teneri vengono seccati e lavorati per ottenere qualcosa di simile al the da mettere in infusione. Sebbene esistano oggi delle bustine (mate cocìdo) la procedura tradizionale prevede che l'erba venga messa in una zucca secca che funge da tazza secondo una serie di regole precise quanto arbitrarie. nell'erba viene messa la bombilla, una cannuccia di metallo con un filtro all'estremità immersa (e se no vi ingollate le foglie!). La zucca viene riempita d'acqua calda che viene bevuta tutta da uno dei presenti il quale riempie nuovamente il mate prima di porgerlo al bevitore seguente. E' un rituale sociale, è come fumare il calumet della pace, come invitare qualcuno a mangiare insieme, come far girare una canna (presumo).

Quand'ero in università avevo un compagno di laboratorio venuto in prestito dalla Francia. Dico in prestito perchè di laboratori in cui si facesse ricerca sulla chimica supramolecolare nel 2006 ce n'erano ancora pochi e la collaborazione era molto stretta. Avere un dottorando proveniente dal laboratorio di sua altezza Jean-Marie Lehn in altri ambienti sarebbe statoun segno di prestigio clamoroso. Nella branca più elitaria e nerdistica della chimica (almeno tra quelle che quanto meno non andassero a scomodare la matematica ad ogni piè sospinto) questo senso di glamour andava scemando dopo i primi 5 minuti a favore di un febbrile vampirismo del sapere. A dire il vero la sacralità della cosa ha cessato di esistere in un momento ben preciso, ovvero quando il capo del dipartimento, avendo saputo che il nuovo arrivato non era in possesso di una bicicletta, pensò di accompagnarlo a rubarne una in stazione (ovviamente era uno scherzo!). Il momento in cui il giovane e perplesso ricercatore uscì con il vecchio professore che portava in spalla un grosso tronchese o tranciabulloni: è stato quello il momento.

Cosa c'entra tutto questo con la yerba mate? beh, è stato quel dottorando a farmela provare perla prima volta. In Italia era pressochè impossibile procurarsela all'epoca, secondo alcuni persino illegale. Era il rito pomeridiano invernale, bere il mate delle 5 tutti insieme mentre si rimettevano a posto i dati. Ed era stata un'abitudine introdotta con ottimo tempismo, visto che la ritualità estiva prevedeva una birra sul tetto del dipartimento facendo un breefing dei lavori in corso mentre lanciavamo palline di sodio metallico in un secchio pieno d'acqua (per chi non lo sapesse il sodio metallico in acqua ha una violenta reazione esotermica...??...esplode, santi Dei! :P la prassi per smaltire il sodio metallico usato nelle reazioni come disidratante è proprio questa, far esplodere i pezzetti uno ad uno in acqua).
Mate e bombilla del mio primo ospite a Buenos Aires

Fare il Mate è una cosa che mi rilassa tantissimo. Faccio bollire l'acqua, la metto nel mio thermos e vado avanti a oltranza. Sì, proprio adesso ho qui il mio mate, quello che ho comprato a Buenos Aires il primo giorno, anche se la sua bombilla originale è affondata con una nave dal Giappone...lunga storia...

Ho dei bellissimi ricordi legati al Mate: Carlos di Ushuaia che mi ha insegnato a farlo decentemente ed Ivàn di El Calafate che mi ha fatto i complimenti per come lo facevo...aveva un bollitore elettrico con la temperatura precisa che dovrebbe avere l'acqua (75-80°C). Poi ricordo una chiacchierata notturna con il receptionist 19enne di un ostello in mezzo alla foresta amazzonica a bere tererè (al posto dell'acqua calda c'è succo di pompelmo rosa ghiacciato, dopotutto ci sono 30°C anche di notte lì!). Ricordo una ragazza olandese alle Torres del Paine che mi chiamava Navy seal e che dicevache per lei era come leccare un posacenere, nè più e ne meno. Ricordo un sacchetto di "Brigante" come il fatto che a Wilma piacesse la "Rosamonte suave" e che non bevesse mai per prima per non bere la parte amara. Ricordo soprattutto Juan a Santiago che aveva un borsellino con dentro un minithermos, bicchiere di legno,bombilla e scatoletta con l'erba. Abbiamo bevuto mate sulle scale della fermata della metropolitana mentre cercava di insegnarmi come si chiamava la scacchiera in spagnolo (ajedrez, l'ho dovuto scrivere su una mano per una settimana ma alla fine l'ho imparato!) ed ancora aspetto che mi spieghi come "curare" il mate di legno aromatico che abbiamo comprato insieme.
 Ora ogni volta che vedo un argentino che  porge un Mate al papa sorrido e condivido la mia erba con i miei amici e parliamo parliamo...

Ci sarebbero ancora mille cose da dire sul Mate, sui modi di prepararlo, sulle marche di erba in giro per il sudamerica, sullo zucchero, sugli effetti sulla salute, ma tutte queste parole non servirebbero a far capire l'emozione placida che mi da, mi fa sentire ancora in viaggio, mi scalda il cuore come il sorriso negli occhi delle persone a cui ho passato la zucca, dopo averla riempita per loro.
 



Cile: la calamita
Ero a Conception, Viviana voleva portare la sua amica Carolin (che insegna tedesco in Cile ed è la ragazza di Juan di Santiago, quello del Mate sulle scale della stazione) a fare una lezione di Zumba. Io ne avrei approfittato per andare in sala pesi. Ricordo che quella è stata la volta che ho sollevato più pesi in vita mia (75kg in chest press, mica 200, ma ero incredulo!) Quella sera il mio ginocchio ha presentato il conto e da lì ho smesso di fare il cretino coi pesi.
Conception - Fregio della conoscenza

In quel periodo andavo in giro col portafogli legato alla cintura con una catena per paura dei furti. Nel sedermi sull'autobus la catena scivola tra i sedili e sento una strana resistenza. Quando la tiro fuori trovo attaccata una calamita Geomag. Mi fa subito tenerezza, la lascio attaccata alla catenella. Ho pensato: ha solo chiesto un passaggio, quando vorrà scendere si attaccherà a qualcos'altro.
E' rimasta con me fino alla fine, ho anche avuto una mezza crisi di malinconia quando credevo di averla persa un giorno in Giappone, ma era ancora lì con me...lo so che sono strano, ma io già do un'anima alle cose normalmente, quando scelgo un oggetto come compagno di viaggio diventa uno dei miei molti Wilson.

Corea: Tour Eiffel
Entro in una stanza in cui con una serie di tende è stato ricavato un labirinto. Il pavimento è di terra, fa caldo, ci saranno 35 gradi e sento le ragazze giapponesi che ho incontrato all'entrata scherzare tra loro. E' un caldo pomeriggio di fine Maggio sulle colline intorno a Busan, seconda città della Corea. Sono arrivato via nave da Fukuoka solo ieri ed ho pernottato in una guest house in cui tutte le camere sono puccettose e bambolose: lenzuola con i cuoricini, carta da parati rosa, un nido d'amore gay strabordante di clichè. Ma il ragazzo che ha messo in piedi l'ostello è adorabile, ha solo dei gusti estetici agghiaccianti e sua moglie non dev'essere da meno ed il bibim bap di pesce crudo e verdure fresche del ristorante di fronte merita applausi.
Ripenso alla salita fino a quella casa nel coloratissimo quartiere degli artisti, alle statue del piccolo Principe e della Volpe che guardano il panorama quando noto per terra una piccol atour Eiffel dorata e qui si innesca uno di quei flash back che tolgono il fiato.

Era il dicembre del 1993, ho12 anni e sono su un taxi che sta frenando violentemente davanti alle partenze dell'aeroporto di Catania, proprio dove c'erano i cactus dell'Arizona con che avevo salutato decine di volte, 15 anni prima che venissero fatti i tanto sospirati lavori di restauro che togliessero quell'indecoroso look primi anni '80 all'aeroporto...oggi sarebbe uno stilosissimo vintage.
E' il giorno che partiamo per prima volta per la Nigeria, siamo in un ritardo folle a causa del traffico e dei lunghi saluti. Quella mattina la mia nonna, già malferma per il Parkinson, aveva preso per la prima volta l'elegante bastone che le avevano regalato pochi giorni prima per Natale e si era messa la pelliccia. Aveva arrancato con dignità fino a casa nostra alle 5 di mattina, erano poche centinaia di metri ma quando la vedemmo ci sembrava una visione impossibile, come se avesse attraversato il Kalahari in monociclo. Fu l'ultima volta che la vidi camminare da sola.
L'immagine mi era rimasta negli occhi durante tutto il tragitto, mantre la Mercedes del signor Adragna (tassista di fiducia di papà) scivolava morbida e silenziosa nell'alba tra gli aranceti di Augusta. Poi il traffico e la corsa in aeroporto.
La frenata che spezza il sogno: "Tutti giù, presto!"
E nello scendere il piccolo portachiavi dorato a forma di tour Eiffel che avevo attaccata al portafogli si incastra. Ma la fretta è troppa, l'anellino di latta si apre e la torre cade tra i sedili. Non c'è tempo di cercare, non c'è tempo di protestare, l'aereo sta partendo.
E per anni sono rimasto col groppo in gola ripensando a quella piccola tour Eiffel lasciata nella
macchina di qualcuno che non avrebbe avuto alcun sentimento verso di lei. L'avevo comprata a Parigi qualche anno prima e l'avevo tenuta da conto...andata...

Mi sveglio dal flash back e guardo la torre tra le dita. Sono passati quasi vent'anni, e sei tornata da me. Questa volta starò più attento

Metto la mia torre dorata in tasca ed esco dal labirinto nella luce abbagliate del pomeriggio




Seguiranno:


Bolivia: portamonete di pelo di lama
NZ: tatuaggio
Australia:Cappello di canguro ed abbandono dell'altro cappello
Giappone: gru di carta, biglietto del baseball e candela di Yokohama
Corea: pantaloni di Golgulsa
Indonesia: brevetti 20'000 leghe sotto i mari
Vietnam: cicatrici e cacca di faina
Cambogia: sciarpa seta
Laos: chiavi del motorino e disegni cesellati su carta di riso
Malesia: five fingers "replicas" e colloqui con Greenpeace
Nepal: Kukri, arrivare in vetta ed il paragliding come alternativa per una bella discesa
Filippine: cappello da rapper pieno di dolcezza ed abrasioni da  surf ai capezzoli
Hong kong: nostalgia