lunedì 25 marzo 2013

Post di arretrati


A volte succedono strane cose...passo quasi due mesi a non riuscire ad aggiornare questo blog e mi ritrovo a scrivere una notte (al momento sono le quattro del mattino) insieme ad un anziano giapponese che soffre di insonnia mentre cerco, arrotolato su un divano della lounge, di prendere sonno dopo che una famiglia di maleducatissimi cinesi ha reso impossibile dormire in camerata...

ma poco importa, ora sono qui a dare spiegazioni a molte persone che mi hanno chiesto cosa mi fosse successo, dal momento che il mio blog non veniva aggiornato da molte settimane. Quel che è successo è semplice: ho avuto poco tempo e soprattutto poche occasioni di mettere le mani su una tastiera nelle ultime settimane di SudAmerica e non ho avuto occasione di connetetrmi seriamente ad internet in Nuova Zelanda dal momento che le tariffe qui sono a consumo e costano salate. In pratica un post da un quarto d'ora con 3-4 foto mi costerebbe non meno di 5 euro! Quindi ho limitato il mio trafffico online a poche mail familiari.

Ma ora, mentre il mio compagno di lounge apre, piega, risvolta un gomitolo di cartine topografiche con sonori sbadigli cercherò di fare un riassunto dell'ultimo mese e mezzo cercando di far parlare più le foto che le dita sulla tastiera.

Inizierei da dove ho smesso di dare segni di vita, ovvero da San Pedro de Atacama

 
San Pedro de Atacama
 
Un viaggio notturno attraverso il nord minerario del Cile mi porta nei deserti del Nord, nelle terre dei discendenti dell'impero Inca. San Pedro de Atacama non è altro che un piccolo paese di case di fango che oggi è invaso da turisti di ogni tipo: backpackers, tour di pensionati in vacanza, camminatori... L?unica ragione per passarci del tempo è la possibilità di vedere alcune stranezze della natura ed il fatto che sia il posto migliore per trovare delle guide per passare nella viina Bolivia.
Il primo giorno passa alla ricerca della migliore offerta e forti dell'essere in tre riusciamo a spuntare un buon prezzo per un passaggio in jeep attraverso le montagne con ritorno dopo 4 giorni.

Tra le cose particolari da fare a San Pedro ce n'è una a cui non mi sento di rinunciare: salire su dune di sabbia alte 60 metri nella Valle de la muerte (nome assolutamente recente e dal tocco turisticamente naif) e scendere su una tavola da Snowboard!


Esperienza splendida, surfare sulle dune è più dificile che sulla neve ma se si cade non ci si fa male...o almeno in linea di principio, la nostra guida fa presente che andare giù dritto per dritto al di là del togliere gran parte del piacere alla cosa, si risolve di solito con la morte per sfracellamento, visto che in fondo ai 200 metri di sabbia si arriva a circa 50kmh su rocce affilate...
"van a morir!"
conciso ed esaustivo, non ammette repliche...



Ma la sabbia è morbida, cadere non fa male, il paesaggio è spettacolare e divertentissimo,se non fosse che risalire a piedi a 2200metri con 35°C e senza un filo d'ombra sia una faticaccia!
E dopo le dune, via alla Valle de la Luna a vedere il tramonto bevendo Pisco Sour!



Due aneddoti: ai due estremi della valle ci sono una coppia di vulcani da una parte ed una grande montagna rotonda dall'altra. I due vulcani sono uno a cono, l'altro più tozzo, come se la parte finale del cono fosse esplosa. La leggenda racconta che fossero due fratelli innamorati della stessa donna, ovvero la montagna dall'altra parte. Uno dei due era lo sposo, l'altro l'amante. Quando loro padre (che, per inciso, è una quarta montagna visibile dalla valle) scopre l'intreccio in stile Beautiful va a dirlo al vulcano legittimamente coniugato alla montagna fedifraga...il vulcano decapita il fratello, per questo oggi gli manca la vetta. E' una storia quechua, ma c'è di bello che nelle notti dei solstizi la luna sorga dal vulcano cono e tramonti esattamente nella montagna sua sposa.

Secondo aneddoto: il pisco sour è uncocktail molto fresco ed estivo che viene rivendicato come bevanda nazionale sia dal Cile che dal Perù...la nostra guida (quella del "asì van a morir!") ci dice che è stato inventato in Perù ma che è di proprietà cilena perchè è un'altra delle cose che gli hanno conquistato con la guerra del pacifico 150 anni fa! Brindisi e giù un altro bicchiere! :D






Il secondo giorno a San Pedro viene utilizzato per i preparativi alla spedizione boliviana e per andare a vedere due pozzi gemelli (profondi centinaia di metri ed in cui mi butto nonostante l'acqua gelida e fetida), un lago salato, il più denso al mondo (il Sudamerica ama i primati, anche se non sono veri...) e le pianure di sale degli altipiani su cui è possibile fare foto sceme con strani efetti di prospettiva. Ma sono solo le prove geerali, tra 4 giorni saremo sul salar di Uyuni, una crosta di critalli di sale di 25 chilometri spessa 7 metri! Ma con una sorpresa che scopriremo solo al nostro arrivo...







La giornata si conclude con un altro piscosour al tramonto e con una notte gelida coronata da migliaia di stelle sul deserto.



Bolivia

Metto questa come prima immagine della Bolivia: al posto di frontiera a circa 300 metri dall'ufficio doganale sta un pullmino abbandonato. Scommetto che tutti penseranno ad Into the wild vedendolo...beh, è la latrina per turisti della frontiera! non ho fatto foto di quello che c'è appena dietro per non portare con me il ricordo, preferisco lasciarmi dentro l'emozione che ho provato nel vederlo.

Quattro jeep con sedici turisti di 7 paesi e 5 lingue diverse si arrampica sulle montagne verso il confine. Arrivati a 5000 metri, dopo quasi 3000 di salita in 6 ore i sedici turisti si ritrovano in una baracca senza doccia e con la luce elettrica fino alle 9 di sera e, nonostante la grande quantità di foglie di coca masticate, bollite, infuse ed ingoiate, con un mal di testa devastante. 


Per tutta la notte abbiamo ciondolato come zombie agonizzanti in preda al mal d'altitudine. Ogni passo manca il fiato, ogni pensieto è una martellata sulle tempie, ogni respiro più profondo tappa le orecchie. E mentre passeggiamo tra montagne di una bellezza strappalacrime ci accorgiamo che le guide Quechua ed i ragazzini dell'avamposto stanno GIOCANDO A CALCIO!!!!! a 5000 metri corrono come fosseo al mare mentre noi per alzarci e raggiungere il bagno facciamo due o tre tappe per riprendere fiato.





















(Nella foto sopra sul treno c'è scritto:
"COSI' E' LA VITA - si necessita di un meccanico con espeienza
                  urgentemente!"

...credo che ne farò un poster!)


Nei giorni seguenti il mal d'altitudine si attenua, passiamo attraverso deserti, lagune, alberi di pietra e cimiteri di treni nel deserto in attesa del grande evento: il salar di Uyuni, la grande pianura di sale...allagata! Al posto della pianura candida ci aspetta uno specchio perfetto di 25km!









Spettacolare, credo che in due ore siano state scattate 10000 foto, abbiamo fatto coreografie ed ogni tipo di stupidaggine, ma il premio creatività è stato vinto da una coppia di sposini cinesi che viaggiavano con noi e si sono presentati in abito da sera con cavalletto per la macchina fotografica e scatto ogni 4 secondi per il loro album di nozze. Geniali...folli!!! ovviamente qualcuno non ha resistito alla tentazione di fare fotobombing e pare se la siano un po' presa.




L'avventura dei due "chinos" però è solo al principio. Dopo il salar passiamo un'oretta alla piccola cittadina di Uyuni e lì i chinos spariscono...attesi invano per ore vengono abbandonati con una doppia illegalità sulla testa: il loro visto dura solo 4 giorni ed ai cinesi non è permesso entrare in bolivia senza essere accompagnati da qualcuno che possa garantire per loro. Il viaggio di ritorno al Cile il giorno dopo viene passato cercando di immaginare tutti i possibili scenari burocratici e politici che questa storia avrebbe potuto generare.


Comunque mi resta della Bolivia un bel ricordo, il gruppo si è affiatato bene, sono riuscito a parlare 4 lingue nella stessa conversazione, poi ho visto paesaggi incredibili...ma soprattutto ho visto una parte di mondo in fuga dal presente...gente che vive su montagne a due giorni di macchina dalla prima città, che usa una lingua vecchia di millenni, un popolo ancora oggi distrutto dalla piaga dell'alcolismo come i loro avi nel '600...ma ancora così legato alla propria terra, alle proprie montagne ed al loro senso dell'essere un popolo diverso, checchè ne dicano i cileni, i politici di La Paz o i turisti che si lamentano perchè non c'è acqua calda e la notte, sebbene sia estate, ci siano 5 gradi anche dentro alle case, dopotutto sono fatte di mattoni e fango ed aparte loro ci dorme solo qualche camionista e qualche minatore in cerca di lavoro tra Antofagasta, Calama ed Uyuni...

Carnevale tradizionale di San Pedro con una sovrapposizione spettacolare di cristianesimo e mitologia locale















Santiago

Dopo qualche giorno di decompressione a La Serena per scrostarsi la sabbia dai vestiti ecco arrivare la prima grande città dopo Buenos Aires...sembrano passati mesi e mesi e mesi...

Santiago è quanto di più europeo potessi aspettarmi di trovare in Sudamerica. Città di affari, di cultura, di università, città di storia e di fusione tra l'ordine germanico, l'eleganza dei conquistadores spagnoli e l'allegro caos dei mapuche!



La guida è Juan, il ragazzo di Carolin, ragazza tedesca che insegna traduzione simultanea tra spagnolo e tdesco all'univesità di Concepcion. Girare la città con qualcuno che ci è cresciuto è qualcosa di molto diverso dal fare semplicemente il turista, anche se abbiamo passato più tempo a parlare dell'Europa e della società italiana che del Cile.
Ha fatto molto ridere lo stereotipo della donna sudamericana che è una Belèn Rodriguez, una Alessandra Ambrosio, una Adriana Lima o una Sofia Vergara...mi è stato risposto tra le risate che la donna media cilena è alta un metro e cinquanta e che per quanto possa essere bella di lineamenti e con un fisichino da pinup, bastava guardare il menù del ristorantino in cui stavamo mangiando per capire come mai dopo i 25 anni rischino di somigliare più ad un comodino se non fanno attenzione alla dieta.


Attività: mangiare koreano e peruviano, perdersi alla Persa-BioBio, comprare due nuovi mate (uno di palo santo ed uno di alluminio da viaggio) e delle bombillas nuove, comprare frutta sconosciuta ai mercati generali, bere latte d'asina munto in mezzo alla strada (cosa che anche Juan riteneva quantomeno azzardata per qualcuno che viene da lontano e da luoghi in cui la flora intestinale è molto meno aggressiva, ma ho dimostrato una resistenza allo sguaràus fuori dall'umano in questi mesi, grazie forse ai 5 anni di Africa).
Ho anche dovuto spedire a casa un po' di cose, il mio bellissimo maglione di pelo di lama da 13 euro, i regali per la famiglia, un pile...dovrò scrivere un post sui pezzi persi, rimandati a casa, su quelli aggiunti in corsa.
Nel frattempo sono "sopravvissuto" ad un piccolo terremoto e ad una giornata in cui la città è stata senz'acqua per un alluvione in montagna che ha inquinato la fauna...non ci si annoia mai nelle grandi città...
 




 

Nota: dormire in una casa vera, in una stanza vera è già bellissimo...se poi dalla finestra entra un gatto strapeloso che vuole accucciarsi di fianco come se avessi sempre vissuto lì, beh, ci si sente un po' a casa e certe volte mancano proprio cose di questo genere!






...certo, la sua controparte assassina che non vuole che venga acceso il giradischi...


Quindi si arriva al momeno in cui si lascia il SudAmerica, in cui si smette di parlare spagnolo (ero diventato bravino! Continuavo a sbagliare i verbi al passato, però riuscivo a fare un sacco di discussioni dai viaggi alla politica alla poesia di Dante, alla filosofia...non me lo sarei mai aspettato, davvero!). Tornerò, è l'unica cosa che posso dire, ho visto i paesaggi ma ora voglio tornare per vedere le città ed i paesini, per vedere la parte meno turistica in cui si sta più a contatto con persone che stanno facendo una vita normale.
Sono rimasto ammirato da quanto siano europee certe città, la televisione, le pubblicità, anche se a volte tradiscono la semplicioneria sudamericana in alcuni dettagli privi di valore, in fondo...per esempio sono impazzito su questa pubblicità della metropolitana di Santiago (che per inciso è più grande, più pulita, più regolare e più rifinita di quelle di Roma e Milano):
Io vedo almeno tre errori (braccio peloso della modella a parte) 
1.si vede che la ragazza è stata incollata 
2. ha i guanti messi al contrario
3. il fatto che stiano piantando un alberello in mezzo ad un cantiere pieno di ferraglia prima di bonificarlo e che il tizio dietro al posto diun sacco di terriccio per le piante abbia in mano un sacco di cemento!

Ma sono cose come queste che fanno sorridere e venir voglia di abbracciare il continente :)

Auckland

Dopo un volo LAN di 13 ore atterriamo ad Auckland alle 4 e mezza e superata l'immigration (mi hanno controllato le scarpe da trekking ed i bastoni per vedere che fosse stata tolta tutta la terra -.- ) ed il mio primo desiderio è una colazione all'inglese a base di sausages, baked beans, uova e black pudding!

Dopo lo shock della spesa (dopo il Sudamerica i prezzi fanno paura...ma restano leggermente più bassi di quelli europei...) inizia la visita della città. Quello che mi colpisce è il fatto che sembri una città americana senza la gente...c'è davvero molta meno gente di quella a cui mi sono abituato in Europa.Mi ha colpito molto il grado di integrazione dei maori, la differenza con i racconti miserevoli a proposito degli aborigeni australiani mi avevano preparato a qualcosa di diverso, invece c'è un grandissimo revival culturale maori che va dai tatuaggi ai festival al fatto che la lingua locale sia insegnata nelle scuole (giusto i rudimenti) e che ci siano radio e canali TV in lingua maori.



Questo sono io (ma no?) con due delle Black Magic del Team New Zealand! Anni fa guardavo la coppa America, mi svegliavo la notte per vedere le gare e mi ricordavo quando riuscivo ancora ad andare in barca...vedere dal vero queste barche mi ha fatto tornare la voglia, vedee che ancora riesco a dare un nome a buona parte dei pezzi e che ricordo ancora come si usi tutto quello che vedo su un ponte mi dava uno strano senso di euforia...

Comunque per 200 euro ti ci fanno fare un match race...qualche anno fa non avrei rinunciato! :)

Due parole vanno spese sul posto in cui ho alloggiato:
una comune...
tutti facevano qualcosa, chi le pulizie, chi cucinava, chi curava l'orto e le galline, chi le casse di compost (di ben tre tipi!) e tutti erano spensierati e fancazzisti :D
Non funzionava niente ma nessuno se ne lamentava, la sera si facevano grigliate in giardino seduti attorno ad un falò su vecchi divani e sedili d'auto messi in cerchio.
Non è un ostello, ho avuto il dubbio che fossero squatters e che la casa non fosse nemmeno di Marcelo, il brasiliano evanescente a capo della baracca.
Ma una delle frasi scritte in giro per la casa l'ho tenuta dentro di me riadattandola:
"Il vero viaggio alla scoperta non consiste nel cercare nuovi paesaggi da vedere, ma nel trovare nuovi occhi con cui guardare"

Paihia
 La punta settentrionale dell'isola del nord ha un clima quasi tropicale. Qui è sbarcato il capitano Cook quando ha scoperto la Nuova Zelanda e trovandosi in una baia con circa 140 isol, isolotti e scogli decise di chiamarla Bay of island, la baia delle isole....ancora oggi restano sia il nome della baia dato da Cook che il disappunto per una scelta talmente ovvia da sembrare ottusa.
Comunque qui di fianco ecco la vista dell'alba dalla finestra del mio ostello...diciamo che non credo di aver mai avuto una vista del genere nemmeno in albergo, figuriamoci in una stanza con letti a meno di 20 euro...


Giorno uno...ecco che ritornano le barche a vela!

PAsso la giornata su una barca che ha fatto una regata intorno al mondo, una barca da competizione in cui mi sono opfferto di fare l'uomodi fatica ai grinders  e l'aiutante alle vele.
Che bella sensazione...la Bay of island è un paradiso per le barche, 144 isole coperte di vegetazione, acqua turchese, delfini, un bel sole per molti mesi all'anno.




...sì, l'ho pure guidata!

Peccato non avere potuto fare foto quando il vento era davvero teso, questo tipo di barche si piegano un sacco ed arrivano a mettere in acqua le passrelle laterali. Ma ero occupato a stare aggrappato e non mi sembrava il caso di mettermi a fare foto appeso com'ero.


Una delle pause vicino ad un'isola:
si arriva a nuoto sulla spiaggia portando l'attrezzatura da snorkeling da usare nella laguna sull'altra parte dell'isola


Questa invece è l'isola su cui è approdato Cook

La storia che mi hanno raccontato fa acqua da tutte le parti ma l'ho trovata divertente:
Cook arriva nella Bay of Island e manda alcune scialuppe su un'isola che sembrava abbastanza grande da avere acqua. C?è da ricordare che sulle scialuppe si voga dando le spalle alla prua,quindi chi fatica non vede nemmeno dove sta andando...al contrario di quanto succede nella voga con la pagaia a cui erano abituati i maori ed in cui si guarda avanti.
Gli abitanti dell'isola vedono quindi arrivare quelle che per loro erano canoe spinte da demoni con la faccia dietro la nuca e decidono di vender cara la pelle. La prassi della diplomazia europea di quel tempo però si fondava su due pilastri: cannoni e predicatori, possibilmente in sinergia.
Cook fa cannoneggiare l'isola e poi manda un missionario fijiano ad evangelizzare gli indigeni.

Rotorua
Rotorua è la capitale culturale Maori, in città si organizzano motissimi tour in cui i Maori accolgono i turisti in (non) vestiti tradizionali come fossero gli esploratori di due secoli fa...a volte mi chiedo quanto andranno avanti a fare questo genere di cazzate da turisti americani, certe volte sembra Disneyland, ci mancano solo Topolino e Pippo che salutano dal carretto di carnevale...
Non dico che tutti i tour siano pacchianate del genere, ma ho sentito racconti agghiaccianti di performances umilianti con i babbioni di pensionati americani in crociera che credono sia tutto vero!
Ok, metto da parte l'astio e passo a raccontare: anzichè buttarmi da una collina in una òpalla di gomma (zorbit) come preventivato mesi fa ho investito la stessa cifra per comprare un biglietto i ingresso al Te Matatini, il festival annuale Maori che gira attorno alla competizione nazionale di haka! Ogni clan del paese manda una squadra di guerrieri e donne cantanti per fare un'esibizione di cori, danze di guerra e danze che sfumano l'una nell'altra per circa 40 minuti di performance ininterrotta. Uno spettacolo davvero, si riesece ad apprezzare le diverse sfumature del canto di questa tradizione in un eveto che raccoglie un intero popolo. Devo dire che la vista non è sempre delle migliori, dal momento che la moda attuale dei giovani è quella da ghetto nero americano. Ho notato nel corso dei mesi come la lingua tradizionale sia parlata pochissimo dai giovani e che mlti gesti tradizionali di saluto siano rarissimi e quasi sempre fatti con un senso di disagio quando un anziano lo esige. Il saluto fronte contro fronte l'ho visto solo tra persone di una certa età ed il saluto Kia ora è più usato dai bianchi negli uffici del turismo. Ma di tante di queste cose avrò modo di parlarne con una persona molto speciale nel giro di qualche settimana...
Restano due certezze:
-i non-maori presenti al festival saranno si e no l'1% dei presenti e la cosa un po' intimidisce
-non ho mai visto tanti tatuaggi tutti insieme! Chiunque dai 12 anni in su ha almeno un tatuaggio tradizionale. Ma anche dei tatuaggi maori, i Ta Moko, parlerò in un post dedicato, per ora mi limito a dire che finalmente vedo quello che tanto impressiona chi viene per la prima volta in Nuova Zelanda: i tatuaggi che coprono il viso. Non si può resistere all'impulso di fissarli e di provare rispetto per chi ha scelto di non poter mai più nascondere la propria cultura e la propria posizione sociale. Per molti anni è stato un modo certo per essere ghettizzati, oggi è molto più accettato, ma credo che fuori dal paese sia il più definitivo dei tatuaggi "no future".
In realtà anche i tatuaggi sul mento delle donne hanno qualcosa di molto attraente, ma crea sempre un po' di disagio parlare con una persona senza riuscire a staccarle gli occhi da una parte del viso, ci si sente scortesi.
Dopo il festival comunque non ho potuto non interessarmi a tutto quello che ruota attorno a quesllo che qui non è quasi mai un ornamento ma racconta sempre una storia passata, l'appartenenza a qualcosa ed un proposito per il futuro tra genealogia, bandismo, filosofia di vita ed affermazione culturale.

A questo punto avrei voluto mettere il video del mio clan preferito, ma non sono riuscito a trovarlo in rete.
Non avevano la parte melodica migliore, ma il capo riempiva il palco da solo (non per la panza!) ed i passaggi dalla melodia alle "minacce" faceva venire i brividi.
Questo però è un "best of" interessante:
http://www.youtube.com/watch?v=5_MhSTXnNxA


Tongariro National Park
Una cosa che speravo di fare in questo viaggio era quella di collezionare quante più camminate possibile tra quelle delle top ten internazionali. Il Tongariro crossing,ovvero l'attraversamento del passo tra due vulcani, il Tongariro ed il Ngauaroe, è considerata da molti la camminata di un giorno più bella del mondo.



Non so se sia un titolo meritato ma è stata di sicuro una delle più emozionanti della mia vita.
Il percorso è interrotto a causa di un'eruzione iniziata ad agosto dell'anno scorso, ma si riesce comunque a raggiungere sia gli Emerald lakes che il cratere rosso. Ma non è quello il mio obiettivo di giornata. Si da il caso che dei tre vulcani del parco uno sia conosciuto come il Monte Fato! Il campo di lava ai suoi piedi è stato usato per girare le scene di Mordor ne Il signore degli anelli ed il vulcano è stato scelto per essere la montagna in cui l'Anello dev'essere lanciato pe assicurarne la distruzione.

La prima parte della camminata è stata semplice, ma arrivato a 1100 metri inizia il cono del vulcano. Una parete a 45° di sassolini di pietra pomice, ad ogni passo segue una scivolata o uno sprofondamento e ci si ritrova ad essere saliti di circa 10 centimetri...frustrante, irritante e sconfortante. Soprattutto perchè la cima è a 2291 sudatissimi metri.
Il fatto è che non voglio solo salire in cima, voglio farlo battendo un tempo che mi sono prefissato: un'ora e mezza contro le 2-3 segnate sulle carte, e per farlo mi arrampico sulla colata di lava dell'ultima eruzione, circa 300 anni fa. Ci metto solo un'ora e 20, una persona preparata lo farebbe in un'ora senza sudarsela troppo ma io mi sento a posto così. La vista è fantastica, l'emozione mi fa venir voglia di saltare, ma evito vista la precarietà dell'appoggio in bilico sul cratere. Nonostante i 30 gradi della giornata (nemmeno una nuvoletta) ed il fatto che la pietra stessa del vulcano emetta calore e d il cratere sia coronato di fomarole, sul fondo c'è la neve che dall'inverno non si è ancora sciolta.
Le foto che posso fare non rendono giustizia allo spettacolo che ho davanti, quelle scaricate da internet fanno molto meglio ma non mi soddisferanno ami del tutto.





La discesa:
la discesa su un terreno simile consiste nel galleggiare sopra una piccola valanga per circa mezz'ora cercando di guidare con i piedi...sembra di schiacciare l'uva. Ovviamente pago la sbruffonata della mattina con un crampo che mi fa ruzzolare rigido come una capra epilettica per diversi metri ma senza fare danni a parte un livido sul sedere.
A soffrire l'escursione sono stati però i miei scarponi da montagna che sono semidistrutti. La pelle è scorticata come se avessi preso a calci della carta vetrata e le cuciture esterne iniziano a cedere. Nel giro di qualche settimana si apriranno del tutto e dovrò abbandonarli in una scatola sotto la scrivania di un ostello a Wellington...i miei scarponi, quelli con cui ho camminato in Korea ed in Islanda, sulle Ande in Patagonia e nei deserti in Bolicvia, quelli a cui volevo quasi bene come fossero stati vivi. Mi affezionio sempre in modo ridicolo alle cose, saròà per questo che non butto mai via niente, ma in questo caso mi è sembrato proprio di tradirli comprandone un paio nuovo. Farewell...